Tutto il mondo è stato recentemente colpito da una forte ondata inflattiva. Nell’Unione Europea il tasso annuale di aumento dei prezzi al consumo a gennaio 2023 è stato del 10%, dopo aver toccato un picco dell’11,5% a ottobre 2022. Se però si analizza il fenomeno in maggiore dettaglio si nota che le materie prime ed i servizi a monte della catena del valore hanno raggiunto il picco di prezzo nel corso dei mesi precedenti: i container per il trasporto marittimo già a settembre ’21, l’acciaio a ottobre ’21, il rame a marzo ’22, il frumento a maggio ’22, il petrolio a giugno ’22 ed il gas naturale a settembre ’22.

Come possono testimoniare tutti coloro che si occupano di acquisti, durante la fase di ascesa dei prezzi i fornitori si sono affrettati a chiedere forti aumenti di prezzo che si sono trasmessi lungo la lungo tutta la catena del valore fino a raggiungere i consumatori nel coeso dei mesi successivi. Ad oggi, però, la maggior parte di questi prodotti e servizi di base sono tornati a livelli simili a quelli pre-pandemia e le aziende, a partire da quelle a monte della catena del valore, hanno avuto una riduzione di costi a fronte di un aumento dei ricavi col risultato di ottenere profitti molto più alti della media degli anni precedenti.

Questa situazione offre un’ottima opportunità per aggiungere valore attraverso una politica proattiva degli acquisti che metta in discussione le fonti di fornitura, le specifiche e le condizioni contrattuali. Il passo da fare immediatamente è quello di condurre un esercizio diagnostico per entrare nel dettaglio di questo potenziale, identificare le leve da usare per concretizzarlo e quantificare lo sforzo richiesto per estrarlo. Purtroppo, dall’esterno della funzione Acquisti, è difficile stimare questo valore. 

Ci sono però sei indizi che aiutano a riconoscere l’esistenza di un grosso potenziale di miglioramento anche per chi non è un esperto della funzione:
 

  1. Innanzitutto, la mancata misurazione dei risparmi generati dalla funzione Acquisti è un chiaro indicatore che, al di là delle buone intenzioni, la riduzione dei costi esterni non è un vero obiettivo primario della funzione. La pratica migliore sarebbe invece quella di un sistema di misurazione formale sotto la responsabilità della funzione Finance che vada ad alimentare budget e incentivi al personale.
  2. Un secondo indicatore sono i margini in calo o più bassi della concorrenza. Dato il peso della spesa esterna, la prima sospettata nel caso di scarsi risultati finanziari deve proprio essere la gestione degli acquisti. Mentre un calo di volumi o una riduzione dei prezzi di vendita sono piuttosto facili da identificare, prezzi di acquisto eccessivi sono meno ovvi, quindi, escluse le cause che toccano le entrate, non rimane che concludere che il problema sia nella spesa.
  3. La scarsa trasparenza della spesa è un problema che affligge molte aziende. Molte organizzazioni si affidano a sistemi che non offrono granularità, tempestività e completezza circa quanto, quando, con chi e in cosa si spende. Gli scarsi investimenti negli strumenti informatici a disposizione degli Acquisti si traducono in una funzione che opera alla cieca e che non è in grado di essere efficace come dovrebbe.
  4. La funzione Acquisti ha bisogno della cooperazione con il resto dell’organizzazione per ottimizzare la spesa. Quando la funzione soffre di poca autorevolezza, molte opportunità’ di miglioramento non sono sfruttate. Un chiaro indizio di questa scarsa considerazione è il fatto che la direzione Acquisti non riporti direttamente a CEO o COO. Controllando la maggior parte dei costi ci si aspetterebbe la presenza di un Chief Procurement Officer, ma molte aziende relegano invece la funzione sotto la funzione Finance a testimoniare la scarsa comprensione del ruolo degli Acquisti nella gestione operativa e l’impatto sul risultato economico.
  5. Guardando all’interno della funzione Acquisti, invece, la mancata separazione organizzativa tra chi si occupa della gestione degli ordini e chi si occupa della parte più strategica, della ricerca di nuove fonti di fornitura, delle negoziazioni, della sfida alle specifiche, rappresenta un ulteriore campanello di allarme. Il primo gruppo di attività, quelle transazionali, tendono a prendere il sopravvento sulle seconde che sono meno guidate dall’urgenza, dalla necessità di assicurare la ricezione di materiali e servizi per il funzionamento quotidiano dell’azienda. Di conseguenza, quando la stessa persona le svolge entrambe, tende a focalizzarsi sulle prime e a procrastinare sistematicamente le seconde.
  6. L’ultimo chiaro indizio dell’esistenza di un potenziale di miglioramento nell’ottimizzazione degli acquisti è la mancata integrazione della funzione Acquisti. Soprattutto per le aziende che sono cresciute per acquisizione, esiste la possibilità che persone in diverse parti dell’organizzazione si trovino a negoziare con gli stessi tipi di fornitori o per materiali o servizi simili perdendo quindi opportunità di ottimizzazione.